LUCIO FONTANA
FONTANA, LUCIO. - PITTORE E SCULTORE (ROSARIO, SANTA FÉ, 1899 - COMABBIO 1968). A MILANO FREQUENTÒ L’ACCADEMIA DI BRERA E FU IN CONTATTO CON IL GRUPPO DI ARTISTI GRAVITANTI INTORNO ALLA GALLERIA DEL MILIONE, DOVE, NEL 1931, ESPOSE LE SUE PRIME SCULTURE ASTRATTE. MEMBRO DEL GRUPPO FRANCESE ABSTRACTION-CRÉATION, NEL 1935 ADERÌ AL MOVIMENTO DEGLI ASTRATTISTI ITALIANI FIRMANDO IL MANIFESTO DELLA PRIMA MOSTRA COLLETTIVA DI ARTE ASTRATTA ITALIANA A TORINO. TORNATO IN ARGENTINA INSEGNÒ A BUENOS AIRES E NEL 1946 STILÒ IL MANIFIESTO BLANCO, CHE SEGNÒ L’INIZIO DELLE SUE ESPERIENZE “SPAZIALI”; L’ANNO SEGUENTE, A MILANO, SOTTOSCRISSE IL PRIMO MANIFESTO DEL MOVIMENTO SPAZIALE. AL 1952 APPARTENGONO I PRIMI BUCHI E LE TELE DIPINTE CON COLORE SPESSO MISTO A FRAMMENTI DI VETRO (CONCETTO SPAZIALE, 1952, COLLEZIONE FONTANA, MILANO; CONCETTO SPAZIALE, 1954, GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA, ROMA) MENTRE NEL 1958 APPAIONO I TAGLI NELLA TELA (ATTESE, 1958, COLLEZIONE FONTANA, MILANO) CHE F. SPERIMENTÒ PARALLELAMENTE IN SCULTURA CON LA SERIE DI NATURE. SEGUIRONO CICLI DI OPERE QUALI LA FINE DI DIO (1963) E I TEATRINI (1964) PRESENTATE IN NUMEROSE MOSTRE IN ITALIA E ALL’ESTERO. ALL’IMPORTANZA DEL COLORE NELL’OPERA DI F. È STATA DEDICATA UN’ANTOLOGICA A GENOVA (2008). NUMEROSE LE TECNICHE USATE DAL F.; PARTICOLARE IMPORTANZA HA NELLA SUA OPERA LA CERAMICA. NEL 1966 OTTENNE IL GRAN PREMIO INTERNAZIONALE DELLA PITTURA DELLA BIENNALE DI VENEZIA. |
ALBERTO BURRI
BURRI, ALBERTO. - PITTORE ITALIANO (CITTÀ DI CASTELLO 1915 - NIZZA 1995). LAUREATO IN MEDICINA, HA INIZIATO A DIPINGERE MENTRE ERA PRIGIONIERO, DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE, NEGLI STATI UNITI E, DEDICATOSI POI COMPLETAMENTE ALLA PITTURA, SI È PRESTO RIVOLTO (1947) A RICERCHE ASTRATTE CON L’IMPIEGO DI PARTICOLARI MATERIALI: SABBIE, CATRAMI, POMICE, SMALTI DIVENGONO MEZZI DI UN RINNOVAMENTO DEL LINGUAGGIO PITTORICO E UN ORIGINALE CONTRIBUTO ALLA POETICA INFORMALE. NEL 1951 HA PARTECIPATO ALLA FONDAZIONE DEL GRUPPO ROMANO ORIGINE. ALLE SERIE DEI NERI, DEI GOBBI (LA SUPERFICIE DEL DIPINTO È DEFORMATA DA RIGONFIE PROTUBERANZE INSERENDO DA DIETRO IL TELAIO RAMI NODOSI), DELLE MUFFE, DEI SACCHI (I PRIMI RISALGONO AL 1950), SEGUONO LE COMBUSTIONI (1957), I FERRI (1958), I LEGNI (1959) E POI, PASSANDO ALLA MANIPOLAZIONE DI MATERIE ARTIFICIALI, LE PLASTICHE DEGLI ANNI SESSANTA. I MATERIALI (LA IUTA GROSSA E CONSUNTA DEI SACCHI È MATERIALE PITTORICO ALLA STESSA STREGUA DEL CATRAME, DEL COLORE AD OLIO O SINTETICO, DELLE PLASTICHE TRASPARENTI RIPIEGATE O COMBUSTE), IL COLLAGE, LE LACERAZIONI, LE CUCITURE, LE BRUCIATURE SI PRESENTANO IN UNA DRAMMATICA E VIOLENTA IMMAGINE (A VOLTE, TUTTAVIA, SEGNATA DA UNA GRAZIA E RAFFINATEZZA APPARENTEMENTE CONTRADDITTORIE), SEMPRE CONTROLLATA E ORCHESTRATA DAL PITTORE. TIPICHE DEGLI ANNI SETTANTA SONO LE SERIE DEI CRETTI, DALLE VASTE SUPERFICI SCREPOLATE, E DEI CELLOTEX, DOVE LA RICERCA DI B. SEMBRA INDIRIZZARSI SEMPRE PIÙ VERSO UNA PITTURA PURA IN UN ORDINAMENTO DELLA COMPOSIZIONE ORA SEGNATA DALLA SEVERITÀ DI UNA “DIVINA PROPORZIONE” ORA PIÙ ALLUSIVA NELLE FORME E NEI COLORI. UNA PROGRESSIVA TENDENZA ALLA MONUMENTALITÀ CARATTERIZZA LA SUA PRODUZIONE DALLA FINE DEGLI ANNI SETTANTA, A PARTIRE DAI CICLI PITTORICI, NEI QUALI TORNANO LE RELAZIONI FRA MATERIA PURA E INTERVENTO PITTORICO (IL VIAGGIO, 1978-79; SESTANTE, 1983; ANNOTTARSI, 1985-86; METAMORFOTEX, 1991; NERO E ORO, 1993), FINO ALLE GRANDI SCULTURE IN FERRO (GRANDE FERRO SESTANTE, 1982; FERRO U, 1990; ECC.). NELL’AMBITO DEL LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DEL BELICE HA IDEATO IL GRANDE CRETTO DI CEMENTO BIANCO (INIZIATO NEL 1985) CHE RICOPRE LE MACERIE DI GIBELLINA. L’ARTISTA HA LASCIATO MOLTE OPERE ALLA FONDAZIONE DA LUI COSTITUITA NEL 1978 A CITTÀ DI CASTELLO, SUA CITTÀ NATALE (PALAZZO ALBIZZINI, APERTO NEL 1981, ED EX SECCATOI DEL TABACCO, 1990). TRA LE NUMEROSE MOSTRE CHE HANNO PRESENTATO LA SUA OPERA SI RICORDANO: LA GRANDE ANTOLOGICA TENUTA A ROMA AL PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI, E QUINDI A MONACO E BRUXELLES (1996-97); LA MOSTRA BURRI INEDITO, OSPITATA DALLA FONDAZIONE BURRI A CITTÀ DI CASTELLO (2000) E, PIÙ RECENTEMENTE, LA RETROSPETTIVA ALBERTO BURRI (2008), ORGANIZZATA DALLA TRIENNALE DI MILANO, E ALBERTO BURRI. OPERA AL NERO. CELLOTEX 1972-1992, ESPOSIZIONE DEI LAVORI SUL MATERIALE INDUSTRIALE PREDILETTO DALL’ARTISTA ALLESTITA A VERONA PRESSO LA GALLERIA DELLO SCUDO NEL 2012. TRA I NUMEROSI RICONOSCIMENTI RICEVUTI DA B., RICORDIAMO IL PREMIO AICA ALLA BIENNALE DI VENEZIA DEL 1960, IL PREMIO MARZOTTO 1964, IL GRAN PREMIO DELLA BIENNALE DI SAN PAOLO NEL 1965, IL PREMIO FELTRINELLI PER LA GRAFICA NEL 1973. |
TOM WESSELMANN
IL PITTORE STATUNITENSE TOM WESSELMANN, UNO DEI MAESTRI STORICI DELLA POP ART, È MORTO IN UN OSPEDALE DI NEW YORK ALL’ETÀ DI 73 ANNI, A CAUSA DI UNA COMPLICAZIONE SEGUITA A UN’OPERAZIONE CARDIACA. NE HA DATO NOTIZIA LA MOGLIE CLAIRE. INSIEME AD ANDY WARHOL, ROY LICHTENSTEIN, CLAES OLDENBURG, JAMES ROSENQUIST E JIM DINE, WESSELMANN È STATO UNO DEGLI ARTISTI STATUNITENSI CHE HANNO SEGNATO LA STORIA DELLA POP ART. DEL MOVIMENTO, È CONSIDERATO L’ARTISTA PIÙ ELEGANTE, IN UN CERTO SENSO IL PIÙ EUROPEO.
DEFINIZIONE CHE EGLI NON HA MAI NEGATO: “NESSUN ARTISTA PUÒ LAVORARE IGNORANDO GLI EFFETTI DELLA STORIA DELL’ARTE, E PER LA MAGGIOR PARTE DI NOI QUELLA STORIA È EUROPEA”, DISSE A UN GIORNALISTA IN OCCASIONE DELLA MOSTRA TENUTA UN ANNO FA A VENEZIA. MENTRE INVECE RIFIUTAVA DI ESSERE INQUADRATO RIGIDAMENTE NELLA POP-ART: “PER QUANTO RIGUARDA LA POP ART, DEVO DIRE CHE QUESTO TERMINE NON MI È MAI PIACIUTO. NON MI APPARTIENE. COME HO RICORDATO PRIMA, SONO UN PITTORE FIGURATIVO NELLA LUNGA SCIA EVOLUTIVA DELL’ARTE FIGURATIVA. NON C’È ALCUNA DEFINIZIONE “POP” CHE POSSA SPIEGARE LA MIA ARTE. CIÒ CHE VEDI È, SEMPLICEMENTE, CIÒ CHE VEDI”, SI LEGGE IN UNA SUA INTERVISTA. I SUOI QUADRI SONO ESPOSTI NEI PRINCIPALI MUSEI DI ARTE CONTEMPORANEA DEL MONDO INTERO. WESSELMANN È PARTICOLARMENTE CONOSCIUTO ANCHE IN ITALIA. L’ULTIMA MOSTRA ITALIANA DELL’ARTISTA SI È TENUTA L’ANNO SCORSO A VENEZIA, NELLA GALLERIA FLORA BIGAI. WESSELMANN VI ESPOSE ALCUNI SUOI GRANDI ‘NUDI’, LE OPERE CHE LO HANNO RESO FAMOSO, MA ANCHE OPERE RECENTISSIME, FATTE DI LASTRE DI ALLUMINIO RITAGLIATE E QUINDI DIPINTE. NATO A CINCINNATI NEL 1931, QUINDI PIÙ GIOVANE DI QUALCHE ANNO DI RAUSCHENBERG, JONES E WARHOL, TOM WESSELMANN FU TRA I PRIMI ARTISTI DELLA POP ART AD AVERE SUCCESSO. GIÀ NEL 1960 EGLI SI IMPOSE CON I GRANDI NUDI CHE, COME HA SCRITTO LUCY LIPPARD, “FONDONO GLI ARABESCHI E LA BRILLANTEZZA CROMATICA DI MATISSE CON LA LINEA SINUOSA DI MODIGLIONI E CON LA STRUTTURA RIGOROSA DI MONDRIAN”. LA PRIMA MOSTRA DEI “GREAT AMERICAN NUDES” RISALE AL 1961 A NEW YORK. LA CRITICA RICONOBBE SUBITO LA SUA MANIERA TUTTA AMERICANA DI RAPPRESENTARE SINTETICAMENTE FIGURE ED OGGETTI DELLA VITA QUOTIDIANA E, NEL CONTEMPO, SALUTÒ LA TRASMISSIONE DI UNA GLORIOSA CULTURA EUROPEA. GIÀ ALLORA UN CRITICO DEL CALIBRO DI RUBLOWSKY PARLÒ DI WESSELMANN COME DI UN “ARTISTA CLASSICO” PER L’ATTENZIONE POSTA AI PROBLEMI DELLO SPAZIO E DELLA SOLIDITÀ COMPOSITIVA. DAGLI ANNI SESSANTA AD OGGI WESSELMANN È RIMASTO SEMPRE FEDELE A QUELLA SU “LINEA”, MA CON INTERESSANTI VARIANTI. NEGLI ANNI SETTANTA DIEDE INIZIO ANCHE ALLA SERIE DELLE “STILL LIFE”, LE NATURE MORTE TIPICAMENTE AMERICANE COSTRUITE, SEMPRE A CAMPITURE PIATTE E GIUSTAPPOSIZIONI DI COLORE, SULLA BASE DI OGGETTI COMUNI DELLA VITA AMERICANA: SCATOLE DI BIRRA, APPARECCHI RADIO, BOTTIGLIETTE DI BIBITE, PACCHETTI DI SIGARETTE, FINTE FACCIATE DI EDIFICI. SPESSO LE IMMAGINI SONO APPLICATE, COME UN COLLAGE, SU INTELAIATURE. SEGUIRONO POI GLI “SMOKERS”, GIGANTESCHE LABBRA FEMMINILI DA CUI PENDONO SIGARETTE ACCESE E FUMANTI. DAL 1985 L’ARTISTA USÒ IL LASER PER INCIDERE I SUOI DISEGNI SU LASTRE DI ALLUMINIO TAGLIATE E LAVORATE CON FILIGRANE COLORATE. |